Di cosa mi occupo? Di unire i puntini.
In Tangible il mio ruolo è quello di progettare architetture e interazioni che tengano conto del business, degli utenti e dei vincoli tecnologici.
Ogni sfera ha proprie esigenze e limiti che si intersecano tra loro creando punti di snodo, che io cerco di collegare attribuendo senso.
L’approccio che utilizzo nel processo di design è orientato allo sviluppo iterativo. Avere sì la visione di insieme, ma frammentare i rilasci in modo da raggiungere presto obiettivi piccoli, testabili, sotto controllo. Questo mi permette di allineare il design allo sviluppo agile e favorire l’apprendimento di dominio di tutto il team con il minor rischio possibile.
Per raccontare come sono arrivato ad essere un service ed experience designer partirò dal principio.
Molti sanno fin da piccoli cosa vogliono fare da grandi, io volevo fare il benzinaio, ma purtroppo non ci sono riuscito.
Dato che ho presto abbandonato il mio desiderio infantile, ho capito che il mio percorso avrebbe seguito una direzione spontanea, guidata dalla mia curiosità e da stimoli emergenti.
Mi diplomo nel 1996 come geometra, ma capisco di essere attratto dal mondo della comunicazione, così mi iscrivo alla facoltà di Scienze della Comunicazione di Macerata mentre lavoro come falegname part-time.
Dopo la laurea è tempo di una nuova svolta. Lo studio della pubblicità, delle tecniche dei linguaggi visuali e della psicologia e sociologia applicata mi fa appassionare alla grafica pubblicitaria.
Dopo un corso di un anno in grafica pubblicitaria appunto, e un po’ di sperimentazione fatta nella realizzazione di flyers per pubblicizzare feste in cui suonavo come dj, trovo il mio primo lavoro in una piccola agenzia di comunicazione.
Per andare incontro alle esigenze dell'agenzia in cui lavoro, inizio a studiare il mondo del web, tra software, codice e animazioni (era il 2006 e Flash era molto cool).
Negli anni successivi approfondisco il tema del frontend development (già webdesign) e capisco che per crescere avrei dovuto tentare la strada dell’autonomia. Apro la partita iva. Per alcuni anni sento che quella del frontend e del visual design è la strada giusta, poi una delle aziende con cui collaboro mi propone di essere assunto con una condizione: avrei dovuto iniziare a formarmi in ambito UX.
A quel tempo avevo sentito parlare di User Experience, ma non sapevo bene cosa fosse. Inizio a leggere e a informarmi. Avevo appena aperto il vaso di Pandora, essere un designer senza avere cognizione di chi è e cosa fa l’utente non aveva alcun valore tangibile.
Nuova svolta.
Nel 2013 inizio ad abbandonare il frontend per dedicarmi a tempo pieno allo UX design in un’agenzia di sviluppo software, leader nel mercato italiano nello sviluppo agile. In questo periodo apprendo principi e tecniche del lavoro Agile (Agile, non smart working) e dello sviluppo iterativo e mi impegno per applicare questi princìpi anche nel processo di design, che per definizione è più incline alla modalità waterfall.
Poi nel 2020 in Italia arriva la quarantena a causa del Covid. È proprio in questo periodo che prendo contatti con Tangible. Ci piacciamo. Ed è subito amore.