Employee Experience: la ricerca della felicità
Intervista con Alessandro
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- Employee Experience e Great Resignation
- Progettare l’Employee Experience
- OKR e partecipazione aziendale
- Fasi dell’esperienza del dipendente
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La tematica dell’employee experience è da diversi decenni discussa sia in Italia, sia all’estero. Negli ultimi tre anni però, complice la pandemia, il tema è sempre più discusso e al centro dei dialoghi dell’opinione pubblica.
La motivazione principale che ha portato il tema ad avere questa rilevanza è il fenomeno della “great resignation”, ovvero la tendenza a dimettersi in massa volontariamente dai posti di lavoro alla ricerca di un miglior bilanciamento tra vita personale e vita lavorativa. Se è vero che il fenomeno delle grandi dimissioni si è molto accentuato negli ultimi anni , interessando il 70% delle aziende nel 2021, è anche vero però che “a grandi dimissioni corrispondono grandi assunzioni” e da ciò deriva l’esigenza, da parte delle aziende, di mostrarsi più attrattive nei confronti dei talenti.
L’Employee Experience è sicuramente una delle chiavi per attrarre e trattenere i dipendenti all’interno della propria realtà.
Cosa vuol dire veramente progettare una Employee Experience efficace? L’Employee Experience non dev’essere concepita come una serie di interventi puntuali, come benefit o interventi ad hoc per i lavoratori. Per essere efficace deve trattarsi infatti di un processo strutturato, integrato con i valori e desideri in cui i dipendenti possano riconoscersi e che soddisfi loro sotto diversi aspetti.
Per farlo, è bene porre l’attenzione su tre macro-aree:
- sociale: persone e relazioni, lavoro in team, clima sociale
- lavoro: organizzazione del lavoro, pianificazione del lavoro e flessibilità, crescita e riconoscimenti
- organizzazione: obiettivo, tecnologia, ambienti fisici
Il soddisfacimento e il lavoro su questi punti, permette di accrescere e migliorare l’esperienza dei lavoratori.
Per migliorare è importante inoltre avere degli obiettivi chiari, misurabili e reiterabili. In quest’ottica, gli OKR aziendali sono fondamentali se condivisi e compatibili con gli obiettivi aziendali, e possono essere il vero motore del cambiamento. Gli OKR sono inoltre obiettivi misurabili e questo permette di progettare interventi puntuali e migliorativi e di celebrarne i risultati.
Introdurre degli OKR non comporta solamente dei benefici, ma spesso è un rischio “calcolato” e accettato. Dichiarare degli intenti significa tracciare una linea tra chi si riconosce in quegli intenti e chi, invece, no.
Se da un lato questo comporta il distaccamento dei lavoratori che non percepiscono il valore della direzione intrapresa, dall’altro è un potente strumento di coesione e motivazione per chi, invece, si riconosce in quegli obiettivi e vuole raggiungere quei risultati.
Come dicevamo, una buona Employee Experience non è costituita da interventi minori e puntuali ma è un processo strutturato che tiene conto di tutta l’esperienza del lavoratore all’interno di un’azienda. Per questo motivo, abbiamo ripercorso con Alessandro le “fasi” della vita professionale di un dipendente all’interno di una realtà lavorativa e compreso quali sono, ad oggi, quelle che per Reverse hanno maggiore importanza, ossia i momenti di onboarding e il cambio di responsabilità.
Nei prossimi appuntamenti di Inspiration 2022, approfondiremo il tema dei “momenti cruciali”, diversi e specifici per ogni azienda, e del loro impatto sulla Employee Experience.
Per concludere, la definizione della Employee Experience è un processo di co-progettazione che coinvolge lavoratori e vertici dell’azienda e prevede la messa a punto di obiettivi realizzabili e misurabili, da raggiungere attraverso esperimenti e diverse iterazioni. Solitamente, non si tratta di un processo lineare, richiede tempo e figure esterne all’azienda che riescano ad osservare con obiettività e facilitare il cambiamento.
Costruire l’Employee Experience è un investimento a lungo termine, i cui risultati hanno impatti su diversi aspetti quali l’immagine aziendale, le logiche di assunzione e promozione, l’employer branding e, indirettamente, i profitti.
Nell’intervista riportata qui sotto, Alessandro ci racconta il suo punto di vista sulla Employee Experience, l’esperienza lavorativa intesa come appartenenza ad una comunità, l’impatto della tecnologia sulla qualità della vita lavorativa e, infine, quali sono le azioni necessarie per migliorarla.
Un focus è dedicato anche alla nostra collaborazione e come questa abbia aiutato Reverse a ri-progettare l’esperienza utente, migliorando i loro processi interni.